Ma cos’è quella sorta di piadina
dura che accompagna questo ottimo piatto di cicorie al forno?
E’ la “carchiola”, antichissima
ricetta lucana, tipica del paese di Avigliano, a pochi passi da Potenza.
Semplice come gli elementi che la
compongono, acqua bollente e farina di mais, la carchiola racchiude in sé la
storia di un popolo fiero ed orgoglioso delle proprie origini, quello
aviglianese, appunto.
Ad essere sincera, non dovrei
azzardarmi a dire che quella che ho preparato è LA carchiola, non è cotta sulla
brace sotto la tipica coppa di metallo, né è appoggiata sulla grata
caratteristica che la supporta durante la cottura, ma siccome il segreto della
felicità è quello di accontentarsi, io ho sostituito il caminetto e la grata
con il Fornetto Ferrari. :D
Sicuramente non è uguale
all’originale, ma comunque svolge perfettamente la sua funzione di
accompagnamento alle verdure o alle minestre. Mangiata da sola non mi piace, ma inzuppata dei condimenti delle verdure al posto del pane, è molto buona!
Non sono di Avigliano, molto poco
sapevo di essa, per cui ho iniziato a ricercare in rete per rispondere alla mia
curiosità e per raccontarvi un po’ la sua storia ed ho trovato un
interessantissimo articolo di Maria Repullione, che consiglio di leggere qui, da
cui ho estrapolato alcuni pezzi:
“…Le donne, una volta impastata
la farina con acqua bollente, ponevano a cuocere l'impasto ridotto a forma di
pizza sotto una coppa di metallo, su cui mettevano brace ardente. Il latino, la
coppa e il “ carchèsium ”, termine che rappresenta probabilmente
l'origine della parola “ carchiola ”.
Il prodotto e il metodo di cottura erano definiti nel dialetto di Avigliano “ fucàzza r' cicc'sotta à la coppa ”, una sorta di pane dei poveri che poteva essere consumato caldo o conservato sotto le coperte e riscaldato successivamente. Precedente alla carchiola di mais è attestato fino al 1500 circa, è un piccolo pane (“ panellus ”) di farro cotto sul focolare utilizzando la coppa e la brace ardente. Era chiamato in dialetto “lu paniedde”.
Successivamente, la farina di farro fu sostituita da quella di granturco. Probabilmente “ lu paniedde ” accompagnato da qualche cipolla o da qualche altro companatico, costituiva il cibo quotidiano che i contadini consumavano nei campi, mentre la carchiola veniva utilizzata durante il pasto serale a casa.
Il prodotto e il metodo di cottura erano definiti nel dialetto di Avigliano “ fucàzza r' cicc'sotta à la coppa ”, una sorta di pane dei poveri che poteva essere consumato caldo o conservato sotto le coperte e riscaldato successivamente. Precedente alla carchiola di mais è attestato fino al 1500 circa, è un piccolo pane (“ panellus ”) di farro cotto sul focolare utilizzando la coppa e la brace ardente. Era chiamato in dialetto “lu paniedde”.
Successivamente, la farina di farro fu sostituita da quella di granturco. Probabilmente “ lu paniedde ” accompagnato da qualche cipolla o da qualche altro companatico, costituiva il cibo quotidiano che i contadini consumavano nei campi, mentre la carchiola veniva utilizzata durante il pasto serale a casa.
Testimonianze orali legano la
nascita della carchiola così come oggi la conosciamo al terribile terremoto che
sconvolse la Basilicata
alla fine del Seicento. Macerie, fame, morte regnano anche nelle campagne di
Avigliano, ed è l'estrema volontà di una mamma che non vuol vedere morire di
fame i propri figli che la porta ad ingegnarsi per preparare la pizza anche
senza le masserizie, smarrite a causa del terremoto. La donna mescola la farina
di mais con l'acqua, lavora l'impasto su una pietra, lo cuoce direttamente
sulla brace facendo attenzione a non bruciarlo.
Una volta pronta, si rende conto
che è un pò dura e pensa di accompagnarla alla minestra di verdure selvatiche
preparata nella pignata di coccio. La carchiola è pronta a passare attraverso
tre secoli di fame e di malnutrizione, a sostituire il pane anche nei modi di
dire. Nella sua autobiografia Carmine Donatelli Crocco riferisce con orgoglio
che Ninco Nanco, terribile brigante di Avigliano, ritrovatosi a far da
capofamiglia dopo la morte dei suoi genitori, non fece mancare mai la carchiola
ai suoi fratelli.
Furono probabilmente gli artigiani maniscalchi di Avigliano a forgiare la “ r' ticula ”, la griglia di forma circolare con un perno centrale che dà la possibilità di girare la carchiola senza spostarla dal fuoco. È l'attrezzo utilizzato ancora oggi per cuocere la pizza senza scottarsi e per ottenere una cottura uniforme.
Furono probabilmente gli artigiani maniscalchi di Avigliano a forgiare la “ r' ticula ”, la griglia di forma circolare con un perno centrale che dà la possibilità di girare la carchiola senza spostarla dal fuoco. È l'attrezzo utilizzato ancora oggi per cuocere la pizza senza scottarsi e per ottenere una cottura uniforme.
Un alimento, dunque, la
carchiola, attraverso cui è possibile leggere il nostro passato. Testimonianza
di secoli di fame, disagio ma anche di ingegno, produttività umana e spirito di
adattamento. Cultura, appunto.
Ingredienti
300gr di farina di mais
280gr di acqua bollente
In una ciotola impastare
velocemente gli ingredienti. Una volta formatasi una palla, dividerla in due
pezzi, che verranno stesi col matterello fino ad uno spessore di circa 3mm. Non
essendoci uova, l’impasto tenderà ad essere poco elastico e piuttosto
appiccicoso, quindi aiutarsi con della farina, sia sul piano, sia sul
matterello. Cuocere nel Fornetto Ferrari alla massima temperatura o su una qualsiasi
padella antiaderente, dalle dimensioni
grandi.
Quando si va a spostare dal piano
alla padella la carchiola, tende a non rimanere coesa, per cui prenderla con un
supporto piuttosto largo ed adagiarla lentamente.
Una volta indurita, rigirarla su
se stessa, per fare cuocere entrambi i lati. Sarà cotta quando avrà assunto un
colore brunito, magari con delle zone bruciaticce.
Una volta pronta, spezzettarla nel piatto e versarvi sopra la minestra bollente.
Per completezza d’informazioni,
non posso non lasciarvi anche la ricetta delle cicorie al forno.
CICORIE AL FORNO
4 uova
180gr di scamorza o toma,
entrambe grattugiate con la grattugia a fori larghi
Brodo vegetale
Polpettine di carne non più
grandi di una nocciola. Non posso darvi indicazioni precise circa l’impasto
delle polpette. Io ho utilizzato 250gr di tritato di vitello, 750gr di pane
casereccio ammollato in acqua precedentemente, 2 uova, parmigiano, sale. E’
rimasto volutamente un consistente quantitativo che ho congelato.
Due pugni di pecorino di Filiano grattugiato
Sale qb
Pepe qb
Mondare e lessare le cicorie. Per
eliminare l’amaro, ho seguito i consigli di Giallo Zafferano, qui. Fare il
brodo vegetale. Preparare l’impasto per le polpette e formarne circa
una settantina.
Una volta pronto, aggiungere al
brodo le polpettine e farle cuocere per non più di 5 minuti, giusto il tempo che diventino più chiare, si
cuociono molto velocemente.
Sbattere le uova con pecorino,
pepe e sale, deve rimanere tutto molto sodo.
In una pirofila da forno, (la mia
era rettangolare e misurava 37x25 con altezza di 6 cm) , fare uno strato di
cicorie, uno di polpettine. Spargere sulle polpettine la scamorza grattugiata,
il brodo ormai freddo, rimasto dopo la loro cottura, fino a raggiungere la metà
della pirofila, aggiungere infine il composto di uova, stando attenti a non
farlo bagnare dal brodo.
Una bella spolverata di pecorino e mettere in forno a
225/250 C° fino a doratura.
Chi desidera fare un doppio
strato di verdura, aumenti del doppio la quantità di cicorie.
Era da tanto che volevo parlarvi
della carchiola, ma solo adesso ho avuto l’imput giusto.
E’ infatti per “Carving in the Kitchen”, contest artistico-gastronomico di Ammodomio che questa ricetta è nata,
contest al quale felicemente partecipo.
24 commenti:
Quanto mi piacciono le storie dei cibi, grazie infinite.
Bella ricetta dal sapore antico.
Buona notte
Mandi
Che bello Tinù, un'altra bellissima ed antica preparazione della tradizione lucana di cui non conoscevo l'esistenza, grazie! :)
E che dire della cicoria con le polpettine?...irresistibile!
Solo una curiosità: ho letto bene? 750 g di pane nell'impasto delle polpette non è un po' tanto?
Un abraccio forte! <3
Grazie Mandi. Buonanotte a te!:)
Grazie Assunta. No, non è troppo per me. Io di solito ne metto tanto, utilizzo molto più pane che carne, ma non faccio altro che seguire i dettami della tradizione, quando le polpette erano il modo di consumare ciò che si aveva a casa, e soprattutto quando la carne era un lusso e non ci si poteva permettere di consumarne tanta. Inoltre non amo assolutamente quelle polpette dure che sanno di carne, preferisco quelle che sprigionano il profumo del pane e che la cui consistenza assume una morbidezza che solo il pane stesso può dare. Logicamente sto parlando di pane buono, di forno a legna;-)
Un abbraccio a te:)
Dove le trovate queste ricette favolose e soprattutto, il fornito Ferrari è quello per la pizza? Come viene li dentro?
Che ricetta interessante! Io adoro tutto cio' che e' pane e tutto cio' che e' croccante. Questa schiacciata sembra perfetta per me!
Oltre alle ricette e alle foto sempre suggestive, i tuoi approfondimenti sono una vera chicca!!!! Bravissima!!!!
ciao ! visto gli ingredienti mi viene da pensare che come gusto somigli alla crosta della polenta brustolita ?invece le cicorie al forno m'ispirano tantissimo !!
Questo tuo post tocca il cuore. Di fronte a cibi come questi bisogna togliersi il cappello
ma quando m'inviti a mangiare ste cose?
antonia
Grazie Mario, sono ricette di tradizione, esistono da sempre:) Si, il fornetto Ferrari è quello della pizza. Buona serata!
Pola, non ti aspettare croccantezza, non escono croccanti, ma dure:)Grazie!
Ornellinaaaaa, smack!!!!!!!<3
Milena non ho mai saggiato la polenta abbrustolita...non saprei dirti... ma penso anche io che sia una cosa molto simile.
Mimmo, è così! La pensiamo proprio nella stessissima maniera. Mi ha fatto molto piacere vedere che anche tu le prepari in maniera molto, molto simile alla mia:)))
http://cucinasuditalia.blogspot.com/2009/11/timballo-di-cicorielle.html
Antoniuccia del mio cuoreeeee, mò, mò! Anzi ora ti vengo a "cimentare" su fb:DDD
Ma che bello riscoprire le ricette della tradizione. Ogni parte d'Italia può raccontare la sua storia culinaria, questa tua ricetta mi piace molto!
Tiziana
Che bella ricetta d'altri tempi...
che piacere conoscerti, grazie per la condivisione.
Un Saluto
Filli
Tiziana, concordo pienamente con te!!!
Grazie Filli, il piacere è mio!!!
Buona giornata ad entrambe :)
Ciao è la prima che passo da qiu!!Buone tutte e due queste ricette, ma le cicorie al forno mi hanno proprio conquistato!!!
Ciao Cristina
che bello!! ho appena scoperto il tuo bellissimo blog! sei veramente brava!!! :) mi piacciono tantissimo sia le ricette che le foto (fantastiche!) :D
a presto!
Laura
Cristina, Laura benvenute e grazie mille!!!:)
Che bella la tradizione in tavola, con tutta la sua storia,e il post ha ricette e foto proprio belle!
baci e buon ponte..
Grazie mille, Mamma Papera! Sono felice che il mio post ti sia piaciuto:)Buon ponte anche a te... un po' di riposo ci voleva proprio:)
Tinuccia, sei bravissima come sempre! Eliabel.
Carissima Eliabel, che gioia leggerti:) Grazie di cuore...ti abbraccio forte!!!!
Ho assaggiato per la prima volta la carchiola quest'anno. Mi piace!
Bellissimo questo post, e il piatto, che non conoscevo...Un bacione Tinuccia:)
Rossella, Daniela vi mando un grande bacio!!!!!!
Tinuccia cara, ti seguo sempre con interesse. Mi piace la tua cucina, somiglia molto alla mia, sono abruzese. Volevo solo dire che, togliere l'amaro alla cicoria è errato, a parte che l'amaro fa bene al fegato e, poi è proprio quel punto di amaro da il tocco in più. Con affetto Anna e buon Anno
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